Con il termine terza età si fa riferimento all’ultima parte del ciclo vitale umano che va alla maturità alla morte, in cui l’individuo va incontro a modificazioni e a un decadimento delle sue funzioni e strutture in relazione al progredire dell’età.
L’invecchiamento è un fenomeno complesso che comprende non solo l’età cronologica, ma anche l’età psicologica, l’età sociale e l’età biologica. Alcuni aspetti dell’invecchiamento, infatti, sono espressione del deterioramento delle strutture cerebrali, altri sono riconducibili ad aspetti educativo-culturali, economici, sanitari, familiari, ambientali e di personalità.
Questi fattori sono riassumibili nel concetto di perdita, tanto che la tarda età è stata chiamata la stagione delle perdite. Si perde in campo biologico: la forza, la resistenza, la rapidità, la motilità, l’acutezza sensoriale; si perde la salute, con disturbi e malattie. Si perde in campo affettivo: muoiono persone-chiave della vita, come il coniuge, i fratelli, gli amici; si perdono i figli che acquisiscono una loro autonomia e che si allontanano materialmente e affettivamente dalla nostra vita; si può perdere il lavoro, l’impiego, la capacità produttiva, la sicurezza economica e quindi il ruolo, il prestigio, il rango, si perde, anche, l’indipendenza e l’autonomia.
L’ambiente familiare è tra i fattori più importanti nel condizionare l’assetto psicologico dell’anziano.
Le possibilità di conflitti, frustrazioni, dissapori sono continue e non è infrequente che si attuino meccanismi d’emarginazione o d’esclusione, motivati dai difetti del carattere, dalla trascuratezza, dagli stessi handicap fisici, dall’immagine non gradevole.
In altri casi, invece, la famiglia ha un effetto positivo sulle modalità dell’invecchiamento: infatti, è il contesto dove si può mantenere e sviluppare il mondo degli affetti e dove l’essere-con-gli-altri può assumere una dimensione di massima ricchezza esistenziale.
Pur senza assimilare vecchiaia a malattia, è indubbio che l’anziano soffre di una situazione di disagio per i molti fattori sopracitati, tra i quali certamente primeggiano le “perdite”.
Tuttavia l’invecchiamento è caratterizzato anche dalla necessità di “cambiamenti”, cioè di una riorganizzazione dell’identità personale.
La vecchiaia, come età di adattamenti e modificazioni, è un periodo della vita molto critico perché, in quanto momento di cambiamento, si verificano metamorfosi psicologiche predisponenti a veri e propri sintomi psicopatologici.
Il quadro clinico più importante e caratteristico è quello dell’involuzione cognitiva e della demenza.
Il problema più importante, nell’ambito della psicopatologia è sicuramente quello della depressione, favorita sia dall’ipofunzione e fragilità dei sistemi noradrenergici e serotoninergici, sia dalla presenza di malattie fisiche che possono favorire depressioni secondarie.
Si può quindi ritenere “normale” la presenza di elementi depressivi nella vecchiaia: si accumulano vissuti di frustrazione e di esclusione che comportano risposte di abbattimento e di inibizione.
La depressione nell’anziano è tuttavia sottostimata perché i suoi sintomi sono scambiati per normale assetto psicologico dell’età avanzata, oppure per patologia somatica o anche per involuzione demenziale.
Nell’anziano sono frequenti le depressioni mascherate, cioè nascoste da sintomi somatici, è molto frequente, inoltre, la confusione tra invecchiamento psicologico e depressione.
Le caratteristiche più costantemente descritte per l’invecchiamento psicologico sono, infatti, la perdita della capacità di provare piacere, la riduzione degli interessi, l’annullamento del futuro e della speranza, l’intuizione della fine del proprio ciclo vitale, il crollo dell’autostima, il pessimismo, il rallentamento.
Ma sono proprio questi i sintomi chiave della depressione: può allora sorge il dubbio che l’invecchiamento psicologico, in realtà, non esista come tale, ma sia invece espressione dell’innesto di una patologia depressiva.
Fare psicoterapia dell’invecchiamento e della vecchiaia vuol dire, allora, affrontare quel groviglio di sintomi tipici dell’età avanzata, ma non sempre patologici, costituito da facile scompensabilità emotiva, impazienza, irritabilità, rigidità nelle opinioni, restringimento di interessi e prospettive, insoddisfazione circa la realtà e insicurezza sul futuro.
Purtroppo, anche per mancanza di una informazione adeguata, fra gli anziani che hanno bisogno di ricorrere alla psicoterapia sono di gran lunga prevalenti la riluttanza, la vergogna, o la non consapevolezza di soffrire di un disturbo mentale o emotivo e la tendenza, anche da parte dei familiari, di ritenerlo inevitabile e incurabile.
Nell’ambito della psicoterapia, di grande importanza è il lavoro sui vincoli sociali per restituire all’anziano, quando è possibile, il suo ambiente di origine e permettergli di conservare i legami col suo ambiente ritardando l’istituzionalizzazione.
Rispetto alla perdita, inevitabile, di familiari e amici, l’anziano va aiutato a crearsi nuove relazioni.
La terapia elettiva dei pazienti anziani è il formato gruppale, preferibilmente gruppoanalitico in quanto più orientato a far maturare una mentalità gruppale, quindi più efficace.
Il formato ideale sarebbe quello mediano, cioè intermedio tra il piccolo ed il grande gruppo. Il gruppo mediano è composto da quindici-venti persone e tenderebbe a promuovere processi di pensiero e affetti relativi alla comunità. Si tratta, dunque, attraverso l’azione terapeutica di restituire l’anziano alla comunità, anche se non sarà integralmente la sua comunità d’origine, favorendo i contatti relazionali anche minimi.
La psicoterapia gruppoanalitica è indicata positivamente nella cura degli anziani perché riduce la somatizzazione, dando senso ai sintomi e ha un buon effetto nel migliorare il funzionamento globale psichico, anche cognitivo nell’anziano.
Il gruppo degli anziani è considerato un gruppo primario con una funzione aggregante per l’identità e l’appartenenza; esso permette di conservare e vitalizzare la memoria dei membri, aiuta a gestire l’aggressività e la frustrazione che la società provoca nel pensionato, in qualche modo “messo fuori”.
Nelle situazioni in cui l’anziano è impossibilitato a muoversi a casa viene consigliato un intervento clinico domiciliare, che accompagna e supporta la persona nel suo spazio di vita familiare aiutandolo nelle relazioni quotidiane con i familiari; nella gestione dei farmaci e dei trattamenti terapeutici e gestione e organizzazione della casa.