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Post partum: quale possibile intervento?

Nel corso della gestazione la nascita di un figlio viene idealizzata e immaginata come fonte di gioia e di realizzazione del nucleo familiare.

In realtà può avere dei risvolti paradossali e per certi versi agli occhi esterni incomprensibili.

Il parto così come tutto il periodo successivo viene vissuto come un’esperienza altamente complessa, in cui si concretizzano o si sfatano paure, dubbi, entusiasmi, rappresentazioni che avevano accompagnato la donna e la coppia durante il periodo della gestazione.

I neo genitori, in particolare la madre, devono affrontare un lungo e spesso doloroso lavoro di rimaneggiamento psicologico che può prevedere l’elaborazione dell’evento parto e la creazione di uno spazio mentale e fisico che possa essere occupato comodamente dal nuovo arrivato.

I cambiamenti caratteristici del post partum sono inevitabili ed hanno la funzione di scardinare i vecchi equilibri per avviare una nuova negoziazione di spazi personali e familiari.

Da un punto di vista clinico la maternità comporta un cambiamento talmente intimo e profondo che può portare con sé vecchi conflitti non risolti tanto da non essere più gestibili e assimilabili nella nuova esperienza.

Da questo punto di vista è possibile pensare che il parto rappresenti una cesura che porta con sé i vissuti tipici del lutto: si perde sicuramente una parte del proprio corpo, ma anche i vecchi stili di vita e equilibri con il partner, l’immagine di se autonoma e separata nonchè la vecchia immagine corporea

I confini della mente e del corpo vanno infatti incontro a dei rimaneggiamenti che consentono di fare posto all’emergente funzione materna.

I primi mesi successivi alla gravidanza vengono definiti esogestazione proprio ad indicare un continuum con la vita intrauterina, ancora fusionale, durante i quali la mente e il corpo della madre devono svolgere quella funzione di contenimento e protezione che svolgeva in passato l’utero: il neonato fa corpo con la madre e la madre vive con esso un rapporto identificativo profondo e fusionale, seppur controllato e presidiato dall’Io.

Il rapporto simbiotico attraveso il quale la madre sente e contiene i vissuti di annichilimento e di fragilità del neonato, lo stesso smantellamento dei vecchi equilibri, i cambiamenti ormonali possono favorire l’emersione di vissuti di paura, frustrazione, confusione e rabbia così come la sensazione di non essere adeguati e attrezzati a prendersi cura del neonato, fino ad aprire la strada alla deriva depressiva.

Spesso la vergogna di vivere certe sensazioni non permette alla donna di aprirsi, immaginando il giudizio di chi vede nel parto solo motivi di gioia e di festeggiamento.

Inoltre le insicurezze del periodo vengono amplificate da tutti quei consigli relativi alla giusta distanza da tenere con il neonato, sulle modalità di allattamento… spesso in contrasto con il vissuto di simbiosi che la mamma sta vivendo aumentando così lo stress a cui è sottoposta.

Per molte donne il parto è vissuto con una valenza stressogena quando non traumatica (come nel caso di parti lunghi e dolorosi, tagli cesarei o problematiche al momento della nascita riportate dal neonato) tanto che in molti casi si è in presenza di sintomi pienamente riconducibili al disturbo post traumatico da stress (flashback, pensieri intrusivi, incubi, disturbi della memoria e del pensiero, ipervigilanza, irritabilità). In alcuni casi nel post partum possono essere presenti idee fisse ed invasive di potere fare male al proprio figlio o commettere degli errori tali da mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa del neonato.

Diversi sono i gradi con cui si possono manifestare i vissuti depressivi nel post partum e non tutti in egual misura possono compromettere la relazione di attaccamento con il neonato:

baby blues disturbo di lieve entità che si presenta dopo la prima settimana e che si conclude entro le due settimane successive ed è caratterizzato da scarsa interazione con il neonato, instabilità emotiva, crisi di pianto, disturbi del sonno, confusione, tristezza, nervosismo, mancanza di energie, ansia.

depressione post partumm che si presenta entro le prime settimane dalla nascita del figlio, caratterizzata da cefalee, intorpidimento, iperventilazione, incapacità a concentrarsi, eccessiva preoccupazione per la salute del neonato, stanchezza, senso di angoscia, senso di inadeguatezza, difficoltà relazionali.

psicosi puerperale si può presentare fin dalle prime ore successive alla nascita ma anche entro i primi due mesi caratterizzata da perdita di contatto con la realtà, disturbi della memoria e del pensiero, incoerenza, allucinazioni ed episodi deliranti. La psicosi puerperale è correlata al rischio suicidario ed infanticidio.

Come interveniamo?

L’intervento terapeutico prevede una prima volta a comprendere la natura delle difficoltà presentate dalla coppia nel post partum.

L’obiettivo è quello di sostenere la neomamma durante la fase del post partum aiutando a riacquistare fiducia nelle proprie capacità, e competenze,mettendo a disposizione uno spazio ove potere raccontare paure ansie difficoltà, incomprensioni e trovarvi infine un contenimento.

Il percorso di elaborazione di quanto sta accadendo vuole connettersi anche al percorso autobiografico di ogni mamma, in quanto è possibile che l’evento abbia fatto leva sulle fragilità che ogni persona si porta dalla propria storia personale. La possibilità di raccontare e di raccontarsi determina un miglioramento sostanziale sul proprio stato di salute.

L’intervento può prevedere anche la possibilità di incontri di gruppo che aiutino le persone a riconoscersi naturalmente nell’evento nascita e ad attivare le proprie competenze affettive e comportamentali.

In alcuni casi l’intervento nel post partum può anche essere pensato come intervento di prevenzione rispetto a ricadute depressive della madre così come rispetto alla possibilità che il figlio possa presentare delle difficoltà dovute ad una sofferta relazione di attaccamento.