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Lo sviluppo emotivo cognitivo e relazionale di un bambino è strettamente connesso al contesto di vita all’interno del quale cresce, al suo temperamento, alla qualità delle cure avute durante e dopo la primissima infanzia…

Già fin dal primo anno di vita, le esperienze di vita del bambino, la qualità e tipologia degli stimoli al quale è sottoposto, la qualità delle relazioni all’interno della famiglia (conflitti coniugali o tensioni generazionali) o di periodi di sofferenza da parte dell’adulto che se ne prende cura (malattia, post-partum) possono condizionare lo sviluppo successivo del bambino.

Le necessità del bambino vanno ben oltre le cure materiali; al contrario un armonico sviluppo è strettamente connesso al soddisfacimento dei bisogni affettivi ed emotivi del lattante prima e del bambino dopo

È chiaro che il percorso di crescita di un bambino non è né uniforme né lineare ma al contrario è caratterizzato da momenti di crisi, da scatti di crescita improvvisi e da regressioni.
Tra i momenti topici dello sviluppo vi sono i movimenti di separazione dalle figure di attaccamento primarie, l’apprendimento delle prime regole, l’inserimento a scuola. Contemporaneamente il bambino si può anche confrontare con questioni che vanno oltre la sua capacità di elaborazione cognitiva ed affettiva o oltre le funzioni di filtro generalmente svolte dalle figure parentali.

A seconda dei contesti e/o delle fasi evolutive individuali e familiari in cui si presentano, possiamo essere in presenza di uno sviluppo armonico o alla manifestazioni di disagi precoci che vanno attenzionati prima di cronicizzarsi in posizioni più patologiche.

La possibilità di potere godere di cure specialistiche durante la prima e la seconda infanzia dipende molto dalla capacità che gli adulti di riferimento (genitori, nonni, zii, pediatra, insegnanti) hanno di riconoscere i segnali di sofferenza del bambino.

Può accadere infatti, che il minore non sia capace di riconoscere o di comunicare verbalmente all’altro il proprio malessere: in questo caso è utile prestare attenzione alle manifestazioni fisiche (cefalee, mal di pancia…) e comportamentali (aggressività, difficoltà ad addormentarsi o ad alimentarsi, paure e fobie immotivate) che lancia il bambino in quanto proprio queste possono essere segnali con i quali il bambino prova a comunicare il proprio disagio.

Generalmente i disturbi più comuni sono:

  • Iperattività e deficit di attenzione;
  • Rifiuto del cibo;
  • Ansia da separazione;
  • Gelosie tra fratelli;
  • Disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento;
  • Bullismo;
  • Paure e fobie infantili;
  • Disturbo generalizzato dello sviluppo;
  • Depressione infantile;
  • Disturbo oppositivo provocatorio;
  • Disturbo autistico.

come interveniamo?

Obiettivo della valutazione clinica è quello di riconoscere il problema, valutandone l’adeguatezza di certe risposte affettive e comportamentali in relazione all’età e agli eventi della vita quotidiana, in modo da potere definire insieme ai genitori il progetto di cura.
Diviene importante riuscire a dare significato a quanto sta accadendo nella vita del minore analizzando e conoscendo la storia dello sviluppo del bambino e della famiglia nella quale vive.
Il progetto di cura nella maggior parte dei casi necessita del coinvolgimento di tutti i contesti di vita significativi del bambino.
Il coinvolgimento della famiglia, anche allargata, passa dalla costatazione che spesso il cambiamento del bambino è possibile grazie ad un mutamento di alcuni aspetti che caratterizzano i contesti all’interno dei quali vive.