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il corpo della vergogna. adolescenza e nuove forme di malessere

Il corpo della vergogna. Adolescenza e nuove forme di malessere

Scritto da Erika Di Cara

Le forme del malessere oggi assumono un significato ancora più pregnante se guardate in relazione al contesto in cui viviamo. Ciò non vuol dire attenzionare il disagio fuori da una dimensione clinica ma, al contrario, guardare alla clinica anche attraverso i dispositivi economici e di potere che caratterizzano la nostra epoca.

Gustavo Pietropolli Charmet, ad esempio, ci parla di una nuova categoria del disagio che definisce “la paura di essere brutti”. Sentirsi brutti, ci dice l’autore, sembra riconducibile alla mostruosità, al difetto grave e insopportabile. L’emozione dominante sembra essere la vergogna. La bruttezza diventa l’idea prevalente e muove verso comportamenti che spesso diventano patogeni, può portare a comportamenti sempre più restrittivi, atti a modificare il corpo come nell’anoressia, a sottrarlo allo sguardo sociale come nel ritiro sociale, a maltrattarlo come nell’autolesionismo. Charmet sottolinea come, in un mondo in cui il corpo non è più luogo di pudore, in cui l’eros e la sessualità sono ostentate,  liberate dalle forze repressive di un tempo, il corpo, oggi, non è più luogo della colpa ma della bruttezza e, in quanto tale, viene manipolato, attaccato, maltrattato o ritirato dallo sguardo dell’altro. Tale forma di malessere investe in modo prevalente gli adolescenti. L’adolescenza è la fase in cui il compito evolutivo predominante è la costruzione della propria identità e, proprio per questo, le tematiche legate ai cambiamenti del corpo, alle aspettative familiari e sociali rappresentano i punti critici di tale passaggio. La bruttezza non coincide necessariamente con un dato percettivo oggettivo ma sembra riemergere sulla pelle a partire da sensazioni più profonde di inadeguatezza. È come se di fronte a sensazioni di goffaggine relazionale, inadeguatezze emotive o cognitive, queste venissero sentite dalla persona come un dato concreto di bruttezza. Cambiando prospettiva si può dire che la sensazione di non poter essere totalmente all’altezza delle aspettative sociali, spesso eccessive, affiora sulla pelle facendo diventare mostri.

“La società del narcisismo, del successo, della visibilità sociale, dell’eclisse dell’etica a favore dell’estetica, della soggettività ad oltranza (…) concorrono a creare nel mondo interno dell’adolescente ideali crudeli di bellezza, di fascino, di carisma personale anche modelli educativi della nuova famiglia. (…) Tende a creare nella mente dell’adolescente fragile e incerto degli ideali prescrittivi crudeli, non solo rispetto a ciò che è necessario fare ma anche a ciò che è necessario essere per aspirare al legittimo successo e alla quota di visibilità e popolarità auspicabile. Gli adolescenti sono più esposti a modelli proposti dal mondo relazionale in cui cresce, perchè la ricerca della propria identità, valore, verità, stile fa parte degli obblighi evolutivi più avvertiti.” (Gustavo Pietropolli Charmet, la paura di essere brutti)

A questo proposito è interessante il modo in cui P. B. Preciado nel suo “Testo tossico”, offre una cornice di riferimento rispetto alla definizione degli elementi politici, sociali, mediatici che caratterizzano la nostra epoca. In particolare, riprendendo la lezione di Foucault, guarda a come si sono modificati i dispositivi sociali e di potere e come questi influenzano in modo impercettibile le nostre possibilità di scelta. Pone l’accento sul circuito eccitazione-frustrazione come loop che muove e determina il consumo.

Il consumo si muove in modo orgiastico alla ricerca dell’oggetto o del farmaco che può permetterci di essere all’altezza di aspettative di benessere, fascino e perfezione. L’istigazione al consumo viene continuamente fomentata dai media, dai social, viene assorbita da ognuno di noi quasi come implicito sociale. Cela la promessa che nell’acquisto dell’oggetto X si possa conquistare una porzione di bellezza e giovinezza. Tutto ciò avviene dentro un circolo frustrazione-eccitazione dove il loop gira vorticosamente tendendoci verso la ricerca di una giovinezza-bellezza a tutti costi. Nel mercato che auspica la perfezione non ci si può concedere nessun tipo di imperfezione né fisica né psichica. Ci si deve muovere verso standard di efficienza e perfezione. Nessuno è assolto e il corpo diventa un elemento quasi innaturale, laddove, è necessario cancellare tutti i segni del tempo e camuffare ogni possibile mutamento foriero di decadimento e invecchiamento. L’imperfezione è determinata da tutto ciò che differenzia da un modello di bellezza-normalità.

Se da un lato l’adolescente, in un contesto del genere, si sente schiacciato da aspettative di efficienza e perfezione che rendono il suo compito evolutivo arduo, dall’altro lato, l’interfaccia, è un mondo adulto che, seguendo le prospettive che delinea Preciado, deve cancellare l’orizzonte della vecchiaia e assimila la giovinezza come ideale da ricercare e replicare a tutti i costi.

In questo senso si può dire che il corpo della vergogna non è solo quello puberale, quello dell’adolescente che porta con sé la separazione col tempo dell’innocenza, il tempo dell’infanzia, ma anche quello del genitore che nella sua maturità deve fare i conti con un corpo che solca una ulteriore separazione, quella con la propria giovinezza.

In questo scenario trova spazio l’immagine della famiglia adolescente di Massimo Ammaniti, dove dal più piccolo dei figli sino ai genitori si è in un solo corpo: tutti vestiti allo stesso modo, dentro una intimità viscerale dove non si sa bene chi è genitore di chi. Dove il bisogno di condivisione sembra assolvere il bisogno di una giovinezza eterna. Ammaniti ci presenta il ritratto di una famiglia caratterizzata sempre più dall’elemento della condivisione e dell’intimità. L’adolescenza, che richiede un confine e una distinzione dal mondo degli adulti importante e fondamentale, crea uno stravolgimento inaccettabile. Oggi, i genitori tendono non a porsi sulla sponda del “mondo degli adulti” ma a provare a raggiungere il mondo adolescenziale, a prolungare all’infinito la fase di condivisione. In tal modo si generano le famose confusioni delle “madri-amiche-sorelle”, dei padri a cui si può dire tutto. La deriva a cui si arriva è spesso rappresentata dalla creazione di un forte ostacolo al normale processo di separazione distinzione.

“Il rischio, quando figli e genitori condividono in tutto e per tutto l’esperienza sessuale e affettiva, è che gli adolescenti non riescano a dare profondità e spessore alla propria sessualità. (…) Quando la familiarità è eccessiva, quando l’intimità è svilita, la sessualità non è più un motore importante di emancipazione” (Massimo Ammaniti, la famiglia adolescente)

La costruzione di una propria identità comporta invece la ricerca di un confine attraverso il quale differenziarsi e affermare il proprio modo di esistere. Affinché ciò avvenga è necessario trovare una propria intimità, segretezza, la possibilità di chiudere la porta della propria stanzetta. È come se mancasse la possibilità di accettare la normale evoluzione e il dolore necessario che si accompagna a questa. Laddove, crescere comporta una separazione e, quindi, una esperienza anche dolorosa ma, questo “anche doloroso”, diventa oggi qualcosa di traumatico e intollerabile, per cui, la “soluzione” è rappresentata nello spostamento in avanti del momento del distacco e quindi dell’emancipazione da parte dei nostri figli.

Tornano in mente, per concludere, le parole de Il corpo del reato, brano contenuto nel primo disco di Iosonouncane, progetto musicale che sperimenta sonorità e narrazioni a metà strada tra cantautorato ed elettronica. Il brano, che sceglie un punto di narrazione molto audace, parla dell’angosciato tentativo di bloccare l’emancipazione ed il distacco, di riportare a casa un figlio ormai lontano.

“Alzati, andiamo, non fare il cretino
non fare il bambino ti porto a casa ti porto in braccio…
Andiamo a casa ti tengo forte andiamo.
Non ci pensi a tua madre?
Ma pensa a tua madre è rimasta lì inchiodata,
crocifissa sul portone di casa, in bella mostra in mezzo la strada…
Non dice niente sospira soltanto…
E lo sa meglio di me, lo sa meglio di te, che per un figlio appena dato
uno nuovo tale e quale è ricevuto e me lo ha chiesto balbettando…
Andiamo lasciati sollevare, che pensi di fare?
Se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando.
Non c’è niente di più scontato di più normale.”

(Iosonouncane, Il corpo del reato)