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TRA DESIDERIO E MATERNITÀ

SOSTEGNO PSICOLOGICO ALLA COPPIA CON DIAGNOSI DI INFERTILITÀ

scritto da Josie Bruno

Arriva un momento nella coppia durante il quale si sente il desiderio di concepire un figlio; tale desiderio è legato ad un processo di maturazione che riguarda il singolo e la coppia.

Vi sono alcuni casi in cui tale desiderio viene maturato da un processo disfunzionale, quale per esempio la necessità di portare un elemento di rinforzo ad una coppia fragile o tale scelta si manifesta come una reazione/riparazione a eventi negativi.

In altri casi, l’imperativo biologico e il tempo che passa, sono l’elemento che motiva la coppia alla ricerca dell’esperienza di generare un figlio. Le motivazioni, che fanno nascere nella coppia il desiderio di generare, sono molto importanti nella realizzazione del concepimento, nella gravidanza e nelle proiezioni future sul figlio e diventano maggiormente importanti quando il concepimento non avviene e la coppia riceve diagnosi di infertilità.

Quando il desiderio di concepimento viene disatteso, di solito nella coppia e nell’individuo avviene una frattura che richiede un tempo di elaborazione più o meno lungo. La diagnosi di infertilità diventa una ferita che colpisce l’identità individuale, l’identità di coppia, l’identità sociale.

Ognuno dei due partner si confronta con il fallimento del progetto generativo. All’interno della coppia dopo l’iniziale reazione di shock  ci si trova di fronte a un processo decisionale: proseguire o meno nella ricerca di un figlio, ricorrere alla riproduzione medicalmente assistita o attivare le procedure dell’adozione. Tutto ciò implica, anche in rapporto al confronto con il sociale, una profonda sofferenza emotiva che mette in crisi il sistema di valori, progetti e speranze della coppia e attiva un processo di riassestamento che può durare anche a lungo.

Tale elaborazione è il risultato di un processo molto intenso, caratterizzato da sofferenza, disperazione, rassegnazione, domande senza risposta, vuoti incolmabili.

Si parla di “lutto”, come nella esperienza di lutto, il processo di accettazione passa attraverso sentimenti di rifiuto, isolamento, collera, negazione e depressione.

La difficile elaborazione è conseguenza di una perdita non solo agganciata al reale presente, ma anche alla proiezione di sé nel futuro.

Spesso, infatti, entrano in gioco sentimenti di colpa, incapacità, inadeguatezza, con ripercussioni sulla propria autostima.

In una prima fase di questo percorso, un tema importante è quello dell’attesa, ovvero la capacità di dare a se stessi un tempo per decidere se e come proseguire nel percorso stesso, ma soprattutto la necessità di elaborare la propria sofferenza.

Il primo conflitto da elaborare è quello intrapsichico e riguarda soprattutto la consapevolezza di poter ristrutturare la propria identità oltre il concepimento di un figlio e il ruolo genitoriale.

Il concepimento dell’identità femminile si lega nell’immaginario collettivo alla maternità. La diagnosi di infertilità comporta una revisione dell’immagine di sé e il bisogno di rivalorizzare la propria immagine e la propria femminilità. L’idea di una sessualità fallita, di un corpo rotto, sterile, minaccia la percezione di sé; il corpo che non genera viene vissuto come avverso o minaccioso. Riattivare e rivitalizzare le risorse presenti e ristrutturare l’immagine di sé è un passaggio fondamentale che qualsiasi donna dovrà affrontare prima di decidere se proseguire nel processo di realizzazione del desiderio di diventare madre.

Anche per l’uomo ci sono conseguenze importanti sull’immagine di sé. Quando c’è un desiderio generativo, l’identità maschile viene focalizzata sulla capacità di fecondare; disattendere questa possibilità rappresenta la negazione del pilastro biologico dell’identità sessuale e carica il sé di un senso di inadeguatezza, colpa, vergogna per il mancato concepimento.

Un ulteriore fattore di stress implicato nella decisione di ricorrere alla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) riguarda la sensazione di essere invasi nella propria sessualità. I vissuti più comuni sono di vergogna e senso di violazione , inoltre, le terapie sono intense e impegnative, a volte, fisicamente estenuanti.

Il lutto della perdita del figlio desiderato implica anche un’altra elaborazione, il fatto che la coppia non basti a se stessa per poter passare dalla diade alla famiglia.

Sotto questa luce il rapporto rischia di essere svilito. La rabbia e i sentimenti di aggressività per questa condizione possono essere proiettati verso il partner e l’inaccettabilità della diagnosi, se non elaborata adeguatamente porta ad allontanarsi.

Il rapporto sessuale viene svuotato della sua dimensione di piacere e desiderio e la dimensione fallimentare prevale dando luogo, spesso, a ulteriori difficoltà comunicative.

Per le coppie è importante riconoscere e accettare di avere un problema; maturare questa consapevolezza significa confrontarsi con il dolore, perché implica l’integrazione di quella parte di sè che non funziona come si vorrebbe senza percepirsi menomati o difettosi.

Spesso infatti sorgono rabbia e invidia nel vedere altre donne con la pancia (invidia del pancione) e la rabbia e la sofferenza spesso si fanno sentire anche quando amici, parenti, conoscenti fanno domande sul perché la coppia non ha ancora un figlio. La condizione di infertilità può dunque attivare comportamenti di fuga dalle relazioni e in alcuni casi l’isolamento familiare e sociale.

Il confronto con il fallimento, magari l’ennesimo, e il rischio di non realizzare il desiderio di genitorialità sono eventi che giustificano la sofferenza e a volte la comparsa di una depressione reattiva.

L’obiettivo di un percorso di psicoterapia e di sostegno psicologico è quindi aiutare la coppia a confrontarsi con questo dolore fornendo loro uno spazio di ascolto.

La terapia permette di creare un campo emotivo sul quale riconnettersi con l’altro rispetto al vissuto di perdita e dolore. A partire da questa nuova possibilità di confronto è possibile elaborare le emozioni dolorose e mobilitare all’interno della coppia risorse di sostegno reciproco. In tal modo diventa possibile nutrire una immagine di sè risanata sia a livello individuale che a livello di coppia. Da tutti questi fattori, in un campo emotivo tutelato dalla terapia, diventano pensabili nuove soluzioni, la terapia assurge a diventare per la coppia uno spazio creativo-rigenerativo.

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